sexta-feira, 3 de dezembro de 2010

FIM DE SEMESTRE, FIM DO TEMPO...






E aí vai mais um semestre, mais um ano letivo que se apaga. Novembro foi um momento difícil, muitas coisas para fazer, encerrar, empurrar com a barriga...
No começo do mês, descobri que tinha uma semana para escrever um artigo do nada. E para resgatar um segundo artigo das profundezas dos arquivos mortos, enterrados e esquecidos, ressuscita-lo e torna-lo publicável. Sempre no começo do mês, lembrei que tinha que arrumar um terceiro artigo. No entanto, até dia dez tinha que enviar um resumo expandido para um evento. Ainda, novembro foi mês de aula, apesar dos feriados. E, no meio, bobeei e me encontrei oferecendo um minicurso em outro evento, além de uma palestra super aterrorizante que já estava marcada. Depois, tinha que arrumar os trabalhos de conclusão de curso dos alunos, participar das bancas deles e de outros alunos não meus orientandos, participar de reuniões e de avaliações... Enfim. Enfim. Foi cansativo. No meio disso, mudei de casa.
Assim, o mês se foi, sem que eu conseguisse manifestar qualquer sinal de vida por aqui. Estou em falta com amigos na minha correspondência. Estou com olheiras, cabelo disforme, um humor que nem eu consigo ficar ao meu lado... Dezembro chegou, as coisas estão um pouco melhores, mas ainda, até a metade do mês, tem mais coisas e coisas e coisas.
Com esse ritmo, nunca vou conseguir escrever nada para mim! Quero dizer, de tanto escrever coisas de trabalho, pouco me sobra de cabeça para escrever o que eu quero.
Nos momentos possíveis, fui lendo o que os outros escrevem. E não foi fácil isso, pois à noite, com um livro na mão, meus olhos fecham de cansaço. Mesmo que o livro seja exatamente aquele livro que quero ler, que me faz bem, que me faz feliz.
Agora que, além dos livros em papel e dos livros eletrônicos, descobri também os audio-books grátis para ouvir em meu i-Pod, fiquei inteiramente feliz. descarrego os livros e depois, quando passeio, ou quando dirijo, ouço literatura. Estou, simplesmente, adorando. Encontro, em rede, desde os grandes clássicos até livros contemporâneos em copyleft...
Em janeiro viajarei. Levarei comigo 15 títulos, entre audio-books e e-books... peso total na mala: 285 gramas... e uma dose de felicidade não mensurável!

segunda-feira, 1 de novembro de 2010

DILMA RUSSEFF, EM ITALIANO.

Il Brasile ha eletto presidente della Repubblica:

Dilma Russeff, 62 anni, il cui potere politico e economico si può collocare in un punto tra quello di Hillary Clinton e quello di Angela Merkel. Questa è stata il ministro delle Miniere e dell'Energia quando il Brasile ha investito con un certo successo, calcolabile in termini di benessere sociale tangibile e visibile.

Dilma Russeff... Dilma Rousseff... rigiro il nome, perchè c'è qualcosa di importante, nel fatto che sia un presidente donna.

Non è facile spiegare cosa significa una donna con questo potere in un paese in cui il machismo È UN FATTO biologico: se una donna parla, lo fa a partire dal suo repertorio "donnesco", legato alla POTENTE SINDROME PREMESTRUALE . QUI il MACHISMO fa si che, quando una donna parla, lo fa sempre a partire da un gradino più in basso: sarebbe meglio se una donna restasse alle spalle di un uomo.

Dilma è una donna che ha un ruolo di potere non indifferente che vuole continuare la politica di Lula, che ha portato il Brasile ad essere l'ottava economia del mondo. La politica economica del governo Lula ha fatto sentire poco alle classi A e B l'impatto della crisi globale.

A= ricchi ricchi, proprio capitalisti proprietari. Hanno sentito la crisi, ma meno di quanto si aspettassero. Gli affari, se sei capace e competente, se dimostri un determinato standard di produzione E di condizioni di lavoro, può ricevere incentivo, se poi è multinazionale, riceve incentivi per investire qui. Insomma, la crisi ha avuto un impatto su tutti, ma i ricchi ricchi, ancora una volta, nonostante fosse un governo de sinistra, hanno retto bene all'impatto. Certo, per loro, sarebbe meglio privatizzare molto di più e, ridurre le spese dello stato per il benessere sociale e investire nell'industria privata senza ritorno per il pubblico. Comunque, anche loro hanno sentito tanto, come in Europa, l'impatto della crisi. Il potere d'acquisto dei salari dei lavoratori non è sceso, e non sono peggiorati gli indici di impiego, quindi, se tanto mi da tanto, le cose non sono andate così male per gli imprenditori grandi e medio grandi

B= classe media alta (imprenditori medi, professionisti liberali) e media media "stabile", i piccolo impresari, ma anche quella non legata all'economia di mercato (gestione delle politiche pubbliche, gestione del settore tecnico delle stesse/vari settori universitari...): incentivi al settore privato, investimenti nel settore pubblico.

Lula non ha fatto sentire la crisi alle classi C e D

C = classe media media "instabile", quella immediatamente soggetta alla proletarizzazione in caso di crisi economica. Sono piccoli o addirittura micro impresari come per esempio, la venditrice ambulante di dolci che vuole comprare un carrettino per venderli meglio, riceve benefici e investimenti pubblici in forma di prestiti a interessi specialmente bassi.

D = esclusi dal mercato, quelli che non verremmo che esistessero. Quelli che, prima di Lula, si perdevano nelle favelas, per le strade e, in alcune zone, morivano anche di inedia. Beh, questi sono davvero diminuiti, Il Brasile ha sradicato la miseria vergognosa. Oggi esiste, dove c'era la fame, una cosa che si chiama "povertà degna". Non è ancora una soluzione, ma per chi moriva di fame, è un grande avanzo.

C e D hanno incontrato ammortizzatori sociali che hanno permesso addirittura un miglioramento nella qualità di vita di queste classi. A e B non hanno subito peggioramenti. L'economia è cresciuta. Tutti si spartiscono il benessere.

Si lotta ancora per l'eliminazione della corruzione.

Per lo sradicamento della prostituzione infantile. Bambine che si prostituiscono, ma qui sono bambine fino ai 18 anni: lo sfruttamento sessuale è considerato reato anche nella parte del "cliente": il turista italiano in vacanza sulle spiagge, a Fortaleza, Bahia, fino a Rio de Janeiro, se ci viene per turismo sessuale deve stare attento all'età dell'accompagnatrice, perché sennò finisce IN GALERA. COMUNQUE:

Qualsiasi dibattito sul fatto che sia o no importante il GENERE nella politica, muore davanti all'improvvisa consapevolezza di stare vivendo un momento storico POTENTISSIMO!!!

Un paese da sempre dominato dalle elites (della canna da zucchero, del caffè, è rimasto a sinistra. Sinistra per davvero, in questi tempi tetri per la politica europea.

Lula, per la prima volta, durante il suo governo, ha dimostrato "fatti" che fanno parte di un repertorio di "sinistra" sulle idee di scuola, sanità e servizi pubblici. No, niente di radicale, una politica, in questo senso, molto socialdemocratica quasi di modello svedese, ma applicato su scala sub-continentale e con numeri di popolazione e indici di povertà ben diversi da quelli svedesi...

Secondo me rimette un po' ad un'idea di "stato competitivo" inteso come stato modello di eccellenza per capacità produttiva e distribuzione del benessere sociale con base proprio in questa capacità produttiva. Per tutti.

Allora, Dilma non è SOLO l'erede di questa scelta politica.

Voglio dire, lei si è candidata sulla base della continuità nelle proposte e realizzazioni politiche.

Così come non è solo "un presidente" con una storia di resistenza alla dittatura, una che ha visto calpestati i diritti umani, ha preso in armi e si è fatta il carcere, oltretutto con torture "latinoamericane" connesse.

Dilma è una DONNA.

Che dimostra che non ci sono solo le veline & ballerine.

Che ha il potere politico-economico dell'ottava potenza economica del mondo.

Che è una dura della madonna, difficile da piegare.

Questa donna ci fa bene, non è stata umile, non si è accontentata. Questa non è una che si lascia imprigionare nei biologismi sulla natura femminile.

Questa è una donna con una sua storia politica.

Questa è un'economista ben preparata.

Ed io sono qui, in questo paese machista, e mi sento parte di un posto civile, democratico, lontano dalla perfezione, ma sicuramente più vicino a ideali civili più giusti, più umani, più degni. È complicato vedere scelte politiche estetizzanti, sessualizzanti e subordinanti da/con/su/del corpo femminile in quanto corpo vuoto/aperto dalla/alla politica del fallo (organo maschile).

È una sensazione fortissima, davvero, vedere e vivere l'elezione di una donna alla massima carica pubblica. Con questa storia. Pensateci, italiche menti!

segunda-feira, 27 de setembro de 2010

OTIMISMO NO SUS



Domingo, final da tarde, posto de saúde de Garden Town... O SUS é uma alegria que, nesse caso, deveria ser assinalada ao Macaco Simão. Até a administração passada, Garden Town, cidadezinha próxima de Black Stream, tinha um hospital. Do SUS. Como todos os lugares, Garden Town também precisa de hospital. Mas nesse hospital as coisas iam de mal para pior. Os médicos abusavam e recebiam pacientes particulares na estrutura, faziam o que bem entendiam e a população não tinha qualquer benefício disso. Então, entre as várias propostas da gestão que se tornou a atual, havia também a de solucionar esses problemas. Dito, feito: o prefeito eleito resolveu MESMO. Agora não há mas uma má gestão, agora ninguém aproveita a estrutura do hospital público para ganhar/especular/aproveitar. O hospital, simplesmente, foi fechado.
Fechado.
Garden Town, agora, só tem um pequeno posto de atendimento nas antigas estruturas do que já foi hospital. É assim que se resolvem os problemas.
Mas esse não é o ponto, aqui, hoje.
O ponto é outro.
O ponto é que na sala de espera eu vi algo que me deixou encabulada, encafifada, encanada e, principalmente, MUITO, MUITO preocupada.
Uma questão de detalhes.
E de marketing. Marketing da PESADA.
Então.
Eu, FdP, estou sentada na cadeirinha de plástico da sala de espera. Faz calor, porque em Garden Town também está quente. Menos de Black Stream, mas ainda assim, calor, calor, calor.
Olho em volta e, claro, não espero que seja um lugar bonito. É baixo astral, como todas as salas de espera dos postos de saúde. E, como em todas as esperas nas salas de espera dos postos de saúde, a espera é suficientemente demorada para permitir a observação do ambiente em volta.
São três filas de cadeiras, um bebedouro, uma porta para os banheiros e o guichê da recepção, ao lado de outra porta para a área das visitas.
Acima do guichê tem um relógio.
Um relógio peculiar, um relógio que me deixa inquieta. Não sei porque, mas me deixa inquieta.
Não, não porque o tempo passa, e quanto mais passa, menos tempo eu tenho para ficar nesse mundo, e em um posto de saúde o pensamento nefasto existe, podem ter certeza. Nada como estar em um lugar onde a dialética saúde doença é explicita, para perceber a brevitas vitae. Não é por isso que me inquieta.
É que é um relógio diferente.
No lugar dos números, tem letras. Me concentro nas letras, tentando decodificar a palavra que elas, no círculo das horas, compõem.
No começo, não consigo, tenho que procurar a letra inicial, que não coincide com o que seria o número doze, a parte "central" do relógio.
Localizo, finalmente, o começo da palavra. A primeira letra está no lugar do que seriam as oito horas, em baixo, no lado esquerdo do círculo.
É um F.
No lugar das nove, a segunda letra.
É um U.
Depois, no lugar das dez:
Um N.
Seguem:
Um E,
Um R,
Um A,
Um R,
Um I,
Um A.
Decodifico:
F-U-N-E-R-A-R-I-A.
Funerária.
A palavra acaba às quatro horas.
Depois, no sentido anti-horário, entre as sete e as cinco, está esscrito: 24 h.
Estou eu sentada em um posto de saúde do SUS, em Garden Town, entre saúde e doença, e observo o tempo passar, MEU tempo passar, MEU TEMPO PATROCINADO pela "FUNERÁRIA 24h", que aqui faz seu marketing...
O relógio está lá, todo mundo pode ir, é um ESPAÇO PÚBLICO para PACIENTES, em geral não vai que se sente bem... todo mundo pode ir lá,
para meditar sobre o "sentido horário" da vida e da morte...
Dá o que pensar...
FdP.

sexta-feira, 10 de setembro de 2010

DIÁRIOS DE VIAGEM VII


06/07/2010
Aeroporto
Bom, estamos quase para embarcar. Chegamos cedo ao aeroporto para fazer o check-in. No começo, não queriam nos embarcar, pois não temos o visto no passaporte, mas temos todos os papéis para obtê-lo diretamente na chegada. Enfim, tivemos que esperar que os funcionários da Aeroflot ligassem para sei lá que escritório, para liberar nossa saída.
No final, deu tudo certo.
Estou indo, praticamente, para o outro lado do mundo. Uma distância imensa me separa do Brasil, com o qual duvido que, nos próximos dias, poderei comunicar. Na mala estou levando minhas cadernetas de anotações .

h. 15.00
Estamos quase chegando em Moscou, primeira etapa da viagem para a Mongólia. Tudo correu tranquilo, sem nada de notável. Do lado externo do avião, ao lado do nome aeroflot, um símbolo inesperado: a foice e martelo, de comunista memória! Para falar a verdade, tinha a esperança de viajar em um avião de fabricação não digo soviética (seria bem velho!), mas algum descendente direto dos Ilyushin... mas toda a frota foi renovada e trocada por banais Airbus!
Ainda assim, amei o símbolo nostálgico do lado de fora e nos uniformes da tripulação...

h19.45
Aeroporto de Moscou (um dos vários... chama Sheremet)
Estamos praticamente na fila para o embarque de vôo para Ulaan Baatar. O aeroporto Sheremet é tão novo que ainda tem partes inacabadas. Hea vearios europeus embarcando: nos distinguimos pelos traços caucasianos e pelos guias de viagem: está todo mundo com a bosta de guia da lonely Planet, guia ruim & mal feito.


h21.30
Decolamos. O vôo deve durar um pouco menos de cinco horas. O avião é um velho Boeing, e a tripulação não é mais nova que ele... devem ser do tempo em que ainda se comprimentavam na base do Tovarich... Nossa rota deve atravessar, durante a breve noite, parte da Sibéria. Nos meus arquivos mentais fico lembrando de um bom livro, "Educação Siberiana", de Nicolai Lilin, um livro sobre ética criminal exatamente na Sibéria. Amei o livro, mas não me deu muita vontade de viajar por lá...
Enquanto tomo meu suco de tomate, olho o céu que escurece e espero meu jantar sintético de avião. Logo estarei na mítica Urga, hoje conhecida como Ulaan Baatar, "Herói vermelho".

TRABALHO ESCOLAR: VÍDEO FANTASMA DA FDP EM AÇÃO.

Nesse velho vídeo "sujo", resgatado no meio dos bilhões de vídeos do youtube, eis meu narcisismo que vai às estrelas. SIIIIM! É como encontrar velhas fotos numa caixa esquecida no sótão...
Deve ser porque sou uma FdP que trabalha no meio de gente um pouco empalhada. Espantalhos da razão.
Adversos à fantasia,
à qualquer forma não conformista de pensamento.
Estou precisando, nesses tempos sombrios, em que me sinto cegada por apagões mentais alheios, encontrar uma luz.
Pelo menos 40 watts de potência. O que? Uma vela? Pode ser, pode ser... sou possibilista.
Um fosforozinho, please? Já está bom demais!
Porque:
Em Black Stream, ontem hoje & amanhã, 40 graus (atrás de portas fechadas)
Em Black Stream, não me faltam idéias nem ideais (atrás de portas fechadas)
Em Black Stream, muita gente empolada & empoeirada (atrás de portas fechadas)
Em Black Stream, muita maldade (atrás de portas fechadas)
Em Black Stream, o lado oscuro da força toma conta do pedaço (atrás de portas fechadas)
Em Black Stream, nenhuma fada está armada (atrás de portas fechadas)
Em Black Stream, as cabeça estão abaixadas (atrás de portas fechadas)

Em Black Stream, as portas estão (quase) sempre fechadas.

Mas (atrás de portas fechadas)
Em Black Stream, as fadas rememoram & não apagam.

sexta-feira, 3 de setembro de 2010

JOGANDO PERFUME NO LIXO...



Fala sério... as pessoas andam mesmo muito desocupadas, nesse mundo! Agora tem gente reclamando... que lixo fede!
Deixem explicar "o causo", porque até agora estou pasma com isso.
Tenho um cachorro. Um grande cachorro. Que é grande mesmo, em termos de tamanho. São 45 kg de alegria, felicidade, entusiasmo... que todos os dias transbordam cocô.
Sim, por incrível que pareça, meu cachorro faz cocô! Muito cocô, muito mesmo.
Todos os dias eu, dona responsável, saio, cedo de manhã, para levar "o cachorrinho" para passear. Todos os dias, cedo de manhã, eu lembro de levar no bolso uma ou duas sacolinhas de plástico para recolher as toneladas de bosta que todos os dias, cedo de manhã, minha "máquina do cocô" deixaria espalhadas pelas ruas da cidade. Isso, porque acho que ninguém tem que ficar encontrando e/ou pisando em caca.
E o que eu faço, com as sacolinhas de cocô desse simpático animalzinho? Claro que não posso espalhar essas "bombas biológicas" por aí, largar esse lixo na rua, certo? Então, procuro depositar esse "presente" nos lugares criados pelos seres humanos com a finalidade de limitar a sujeira espalhada pelo mundo: as lixeiras.
Nem sempre, porém, há lixeiras nas ruas. Pior: nem sempre o meu "pequeno pet" segura a qualquer hora suas necessidades fisiológicas: às vezes, como é um bichinho educado, faz seu cocozinho no cantinho da sacada, de onde "a coisa" é imediatamente removida e, em seguida, realiza-se lavagem do lugar.
Muito bem: o que é feito dos dejetos recolhidos, digamos, na sacada? São rigorosamente colocados em sacolas de plástico FECHADAS, de maneira a não deixar que cheiro ou matéria se espalhem "por aí".
Em seguida, essa "produção elefantina" é colocada na lixeira, ao lado de outros produtos orgânicos fedorentos, como:
- resíduos de fruta (cascas & outras partes)
- resíduos de legumes
- resíduos de carnes
- fraldas de crianças (objetos notoriamente "perfumados).
Além disso, tendo a realizar "coleta separada", ou seja: garrafas de plástico, caixas de papelão e outros "recicláveis", como não custa nada, vão para sacolas separadas do lixo orgânico, que compreende o COCÔ.
Bom, muito bem.
Acontece que no mundo tem muita gente que precisaria se engajar mais em atividades "socialmente úteis", pois evidentemente tem tempo de sobra para ficar cheirando lixo.
Acontece isso com uma vizinha que, coitada, ao invés de trabalhar ou, sei lá, se envolver em algo interessante e/ou "socialmente produtivo", resolveu medir o "grau de fedão" do lixo do condomínio. Acreditem se quiser.
E não é que a mulher veio reclamar porque... porque...
PORQUE COCÔ FEDE?????
Sim, juro pela cabeça do meu parceiro peludo. A mulher veio encher o saco... e não o saco do lixo, não, o outro!
Veio reclamar que o lixo fede e que o cocô não deve ser jogado no lixo. À pergunta sobre onde deveria ser despejado, a burra respondeu: na privada!
Imaginem: vou para rua, cato o cocô (porque sou educada), FECHO a sacola (exatamente para evitar o fedão), levo para a lixeira... E AINDA LEVO FERRO de uma vizinha que resolveu que
SE LIXO FEDE (e lixo, se sabe, fede, pois se não fede, que lixo é?), A CULPA É DO COCÔ. O que fazer com o cocô? Jogaremos debaixo do tapete?
Pergunto às senhoras e senhores do júri:
1) Deveria eu levar isso para casa, despejar na privada (como se a fossa séptica, pelo fato que a gente não vê, tudo bem, faz de conta que não existe, que não polui, que não fede...)? E DEPOIS? O que faço com a sacola suja de bosta? Devo, senhoras & senhores, LAVAR a sacola antes de joga-la no lixo, ou melhor, quem sabe, jogar na rua que, todo mundo sabe, como é de todos não é de ninguém?
2) Deveria eu alimentar meu "pequeno aparelho digestivo de quatro patas" de manhã com rosas, no almoço com violetas e à noite com jasmim??????
3) Alguém tem uma rolha tamanho bunda de labrador para me prestar?
4) Devo enfiar dita rolha na boca da vizinha?
Agradeço suas sugestões & conselhos. Se alguém tiver conhecimento de "estudo de lixos perfumados" me avise, que vou atrás... Também são bem-vindas propostas de atividades "alternativas" para a vizinha... imaginem, a mulher deve ficar fuçando no lixo e, ainda por cima, fica abrindo sacolinhas cheias de bosta para ficar cheirando... aí descobre que fede, a experta!!!


terça-feira, 24 de agosto de 2010

O CÁOS, NICK CAVE E A ENCICLOPÉDIA

Time to stop. Tempo de parar um pouco meus chatos relatos de uma viagem que já era. Ainda que, logo, chegue a Mongólia.
Mas preciso fazer uma pausa. Nos dias que se passaram, nas últimas semanas, houve eventos que me deixaram pasma. Cansada. Como, por exemplo, descobrir que o que imaginava ser ruim é muito pior. Foi uma descoberta e tanto. No dia em que isso aconteceu, uma sexta feira, cheguei em casa, à noite. E resolvi ter um surto histérico: cai na frente da privada e comecei a vomitar. Pensava nas coisas ruins, e vomitava. Depois, pensava de novo, e vomitava. Foi uma verdadeira catarse. Uma purificação que começou pelo meu âmago: desde as tripas para fora. Depois, foram dias entre altos e baixos do espírito. Ando precisando de um curso rápido de "motivação" para não me deixar tentar por um brilhante futuro de "encostada".
No meio de tudo isso, me deparei com um livro simplesmente M-A-R-A-V-I-L-H-O-S-O.
Não, não um livro de auto-ajuda.
Não um livro alegre, nem cheio de esperança.
Na verdade, um livro que é todo o contrário disso.
Um livro sobre um alcoólatra estuprador. Cuja esposa se suicida. E que no final morre.
Trata-se de um pequeno romance de Nick Cave.
Nick Cave é um cantor australiano, daqueles "malditos". Começou como desafinado e continua escolhendo desafinar. Suas letras desandam no grotesco. Não esconde ser um alcoólatra.
E escreve livros.
Bons livros.
Ótimos livros.
Livros grotescos.
Como esse que me encontrou: A morte de Bunny Monroe.
É a história de um caixeiro viajante inglês que vende produtos de beleza para donas de casa frustradas. Ele se acha "O SEDUTOR". não passa de um estuprador nojento. A esposa se suicida. E ele, perseguido pelo fantasma dela (será o efeito do delirium tremens...), leva o filho em suas voltas comerciais, deixando-o a espera no carro, um Punto amarelo, enquanto tenta suas cantadas baratas, apanha, estupra, se acaba.
O filho, nesse caos todo, acredita que o pai é um ser excepcional, maravilhoso, o ama muito, o admira, se orgulha dele. Mas o caos só aumenta.
E a ordem que a criança encontra está escondida... nas páginas de uma enciclopédia, que ele leva consigo. Uma enciclopédia que a mãe lhe dera de presente e que ele lê com afinco, absorvendo todos os conhecimento nela contidos.
Até o trágico desfecho, antecipado por uma visão infernal do pai, um verdadeiro delírio, antes de morrer, por um acidente de carro.
E o caos faz com que a enciclopédia fique abandonada, na rua, encharcada pela chuva.
Sei lá... amei esse livro. Sugiro acompanhar sua leitura com a trilha sonora certa: o próprio Nick Cave (o CD Your funeral my trial serve bem, com pitadas de Murders Ballads, principalmente em dupla com p.j. harvey & Kylie Minogue). Nos intervalos, sugiro "relaxar" com Antony & the Johnsons...
Boa leitura, se quiserem encarar... Vale a pena!
P.S. Ouvir Morphine também serve!

terça-feira, 17 de agosto de 2010

DIÁRIOS DE VIAGEM VI

A praça Garibaldi em Vada.

04/07/2010 Vada, h.19.4o
Voltei há pouco da praia. De manhã fiquei um pouco com meus pais, lendo, debaixo do guarda sol. Depois, fui até a praia vizinha, visitar minha amiga S., que conheço desde que tinha seis anos. Passamos muitos verões juntas, nadando, caçando caranguejos, catando amoras, enfim, sendo crianças juntas e crescendo. Juntas, descobrimos o mundo. A história de S. é uma história de abandono & perdas. Ela e seus três irmãos foram abandonados pela mãe uma noite, quando ela tinha três anos. A mulher , simplesmente, foi embora, deixando a chave do gás aberta. Por sorte, o pai acordou a tempo. Como o pai era uma figura lastimável, e S. afirma, até hoje, que foi a ruína de sua vida, quem se ocupou dela foram os tios, que desde que foi abandonada atee os doze anos a criaram como uma filha. Mas aí, o tio morreu e o pai a tomou de volta, para que morasse com os irmãos. Na verdade, ela tinha uma idade que permitia que cuidasse da casa e dos irmãos, poupando ao pai a grana de babás e faxineiras. Foi quando nos perdemos de vista por vários anos.
Com dezenove anos, ela voltou para a casa da tia e acabamos nos encontrando de novo, nos verões. Mas tínhamos, obviamente, mudado, cada uma ocupada em descobrir o que fazer com a vida de quase-adultas.
Hoje, ela é casada e mãe de dois filhos. Conversamos um pouco, e ela, como eu, apesar dos anos e das muitas diferenças, guarda lembranças importantes do período de formação que passamos juntas, durante aqueles verões maravilhosamente ingênuos de descobertas.
Os irmãos, que cresceram com o pai, não se deram bem na vida. O menor casou com uma deprimida crônica, tem dois filhos e trabalha em um supermercado. Vai ver procurou a figura da mãe nessa esposa que nem consegue cuidar da prole. O mais velhos sobrevive de pequenos trabalhos absolutamente precários, com quarenta e tês anos, namorando uma figura que, conforme diz S., além de feia é mau caráter. O terceiro irmão, que é gêmeo dela, está preso, na cadeia, por jogo de azar, fraudes & furtos.
S. trabalha como agente imobiliário, mas está preste a deixar tudo para só se ocupar dos filhos, de oito e seis anos.
Conta que sempre quis filhos, mas que teve momentos em que se sentiu muito inadequada, com medo de ser como a mãe dela fora. Conta também que, com vinte e cinco anos, a mãe reapareceu, querendo encontrar todos eles. mas S. não quis nem vê-la pintada, pois considera que, para essa mulher que só a machucou, seria um privilégio imerecido conhece-la.
A vingança machuca, a vingança faz mal, creio eu para todos os lados.
Me despedi dela e fui para casa, almoçar.
Andei pensando que, em minha vida, muitas são as histórias de pessoas que cruzaram parte de seus percursos comigo, em que o abandono & a perda familiar são recorrentes. Cogito se não é já o tempo de escrever essas histórias.

terça-feira, 10 de agosto de 2010

DIÁRIOS DE VIAGEM V


01/07/2010 Vada, h. 22.30.

Estou no quarto da casa que era dos meus avós. a janela aberta, um perfume leve de maresia. Como sempre, a sensação de que os lençóis são mais pesados, nesse "ar marinho".
Hoje, de manhã, revi uma amiga de um milênio atrás, de quando eu era (éramos?) muito jovem. Com ela fui ao meu primeiro show ao vivo, U2: era o ano em que lançaram WAR, o público cabia inteiro em uma tenda de circo... Eu tinha o que? 15 ou 16 anos, não mais do que isso. Bom, então, depois de um milênio de vida, nos reencontramos e fomos passear por aí, sem botar a conversa em dia mais do que o necessário, mas conversando de amenidades musicais e literárias. Levei-s até o palacete Eucherio San Vitale, do século XV, no Parque Ducal. Eu sei que a maioria dos moradores da cidade não sabem que está aberto ao público, com seus afrescos já quase apagados. E sei que é um lugar de boas energias.
Conversando de arte, música & espetáculo, levei-a para (re)ver o arco do portal da catedral, decorado com um calendário medieval.
Eu gosto do mês de dezembro, que mostra a matança do porco. Sei que poucas pessoas reparam nesse detalhe, que representa um dos primeiros "monumentos ao porco" que, a bem ver, estão minuciosamente espalhados pelas catedrais da Europa inteira. Na Idade Média, o porco deu o que comer a milhões de famintos. Grande porco: praticamente, não precisava de cuidados, comia qualquer coisa por aí, era resistente, e dele "não se joga fora nada". Vejo, nesse baixo-relevo de Antelami, uma homenagem grandiosa: afinal, todos que entravam (e entram) por esse portal que é, repito, aquele central, tinham que reconhecer que o porco estava acima deles!
O interior da catedral é, como sempre, uma grande visão, até a extraordinária cúpula do Correggio.
Mas eu gosto é de um capitel quase invisível: aqui, está esculpido um burro vestido de monge, que ensina a ler a um lobo... Amo esse capitel, todas as vezes que volto para Parma, faço questão de ir vê-lo.
Pequenos detalhes que, para uma pessoa um pouco anarco-surrealista como eu fazem um sentido profundo.
(A foto do portal é minha, a do capitel não é minha, foi "roubada" via google)

DIÁRIOS DE VIAGEM IV


30/06/2010. Parma, h. 23.50.
Ontem, na tarde, fiquei em casa recarregando os milhões de baterias que a gente carrega consigo nesse mundo digital:
- duas da câmera digital
- uma da filmadora
- uma do e-book
- uma do celular
- uma do I-Pod
... fala sério!
À noite, mamãe cozinhou camarões gigantes.
Hoje sai, de manhã, e uma energia misteriosa me arrastou para a livraria, obrigando-me a comprar livros...
À noite, fui para Cremona, onde jantamos em um boteco restaurante: "torta frita" com frios e, de sobremesa, "torta frita" com Nutella. O colesterol ficou todo alegre!
Nutella: uma religião ou um vício? Há anos os intelectuais italianos discutem sobre isso....
Foto: torta fritta & frios.


quinta-feira, 5 de agosto de 2010

DIÁRIOS DE VIAGEM III: ANEXO


A foto do último post foi tirada de uma das pontes de Parma. Essa, não, é da rede, mas da na mesma: representa a última moda entre os adolescentes que, no enloquecimento dos tempos pós-pós-pós atômicos/industriais não sabem muito bem que rumo dar a suas vidas. O culpado dessa última bobeira é um pseudo-escritor de romances de amor, tal de Federico Moccia, a ser evitado feito uma praga. Bom, então, os cadeados que se encontram em muitas das pontes de muitas cidades SERIAM o símbolo do amor eterno entre os adolescentes. Aqueles amores, para ser clara, que na maioria das vezes são eternos por um prazo de dois/três meses. Mas os cadeados ficam aí, enferrujando, nos lembrando de como é difícil crescer e entender um pouco mais o funcionamento das "coisas da vida".

DIÁRIOS DE VIAGEM III

29/07/2010 Parma. h. 12.30
Primeiro passeio pela minha cidade. Em exploração das permanências & transformações. Ontem cheguei que já era noite e, pelo cansaço, não fiz esforço nenhum para olhar em volta. Mas hoje, sim. Sai que eram umas 10.30, já que levantei quase às 10. O fuso horário de cinco horas tem lá sua influência.
Então, sai. A temperatura, ainda que verão, é aceitável, abaixo dos 30 graus. O céu está azul e cheio de andorinhas. Sinto falta das andorinhas e de seus gritos, lá em Black Stream. Na cidade, poucas são as mudanças visíveis, pelo menos no caminho principal para chegar ao centro. Algumas obras de reforma nas ruas, o mercado, que está ficando muito esquisito: havia lindas casas coloridas. Ainda estão lá, porém sua visão está impedida por uma misteriosa estrutura de vidro & aço, cuja função ninguém soube me explicar qual vai ser. Sumiu uma das lojas de conveniência mais antiga, a COIN, que foi transferida. Fora isso, tudo aparenta continuar do mesmo jeito.
Primeira parada: uma livraria tipo "clube do livro", ótimos descontos, comprei vários livros de literatura de entretenimento.
Segunda parada: a livraria Feltrinelli, onde não há descontos, mas é aqui que abasteço minhas reservas de ensaios.
Comprei um livro da Anna Politovskaya, a jornalista russa morta a tiros por incomodar o regime putiniano. Não há nada dela publicado no Brasil. Também comprei um belo ensaio sobre as relações entre arte e ciência e outro, de literatura "quase" de viagem, de Alain de Botton: é uma crônica que me pareceu interessante, sobe uma semana que o autor passou dentro de um aeroporto.
Tive outras tentações "literárias", mas preciso ir devagar, parcelar o tempo nesse ofício delicioso que é escolher os livros para levar embora.
Voltei para casa, sempre andando, e agora vou almoçar. Pretendo passar minha tarde abandonada no sofá, lendo meus livros...

DIÁRIOS DE VIAGEM II

28/07/2010 No avião. h. 15.05
O pesadelo da última hora me encontrou. Estava eu tranquila, fazendo a fila para embarcar, quando um bando de italianos berrantes me cercou. A média da idade: acima dos 80. Todos beatos e abençoados por alguma peregrinação religiosa (Fátima, com certeza...). Todos, como disse, beatamente berrando. Todos, sem exceção nenhuma, nessa beatitude complexa que é a fé popular, reclamando. Reclamando porque
- o avião não podia ser alcançado a pé, mas precisou pegar aquele ônibus de transporte interno do aeroporto
- o calor, ahiahiahiahi! o calor do verão! (mas para os beatos, isso não deveria ser algo divino????)
- A espera dentro do ônibus chegou aos 10 (DEZ!) minutos, onde já se viu? (como se a Itália fosse o lugar da eficiência, FALASSSÉRIO!)
TODOS, como um bando de ovelhas sem rumo, com um pastor cabisbaixo, padre silencioso e abatido (péssima liderança pastoral, em todos os sentidos, tsé...).
No meio desse pesadelo de última hora, dois mini-pesadelos assinados "Europa do século XXI":
1) No controle do cartão de embarque, duas pessoas foram paradas e colocadas de lado, e pelo que vi não conseguiram embarcar. Duas pessoas negras. Uma, eu vi, tinha passaporte italiano. Pelo jeito, de nada valeu. Oh, racismo, filho do medo, filho da p..a! Antes, tinha visto, no controle de raios X das malas, que o único que teve que parar e abrir suas coisas fora um passageiro também negro.
2) Segundo mini-pesadelo: enquanto esperávamos para descer do ônibus, um moleque começou a passar mal. Isso, fora o estado lastimável do coitado, ao qual vai toda minha simpatia e solidariedade, seria o de menos... Foram os renovados berros dos beatos, a parte pior. Gritos que ficaram ecoando no pequeno espaço do ônibus, em tons de briga, contra o pobre motorista que, no estado de sítio constante em que se colocam os aeroportos, não pode abrir as portas até ser autorizado. Beatos os que sempre querem tudo & agora, beatos os que sempre levam tudo como uma ofensa pessoal, beatos os pobres, muito pobres de espíritos, que os torna impacientes na vida... Um pensamento molesto toma conta de mim:
será que eu também sou assim???? Eu não quero ser assim... Faço minha "promessa de avião": vou me esforçar para não ser assim...

DIÁRIOS DE VIAGEM I

(Parma, Itália: Praça Giuseppe Garibaldi)
Leio sempre os comentários, às vezes com uma certa surpresa. Por exemplo, no meu último post, encontrei alguém que me sugeriu ir à Europa. Tranquilo, Pietro, vou à Europa com uma certa regularidade. Aliás, para mim, sendo eu uma Fada européia, nada mais é do que uma volta às origens. Para quem não soubesse, sou de origem mediterrânea, fada importada há 15 anos em terras Brasil-Americanas.
É emblemático da constituição da mentalidade observar o "espírito brasileiro" sobre a idéia do que é interessante visitar. Historicamente, me ensinaram, no Brasil se desenvolveu uma idéia de "civilização", no século XIX, que leva a um certo contraste com as imensas extensões de mata que cobrem o país.
A idéia de civilização é, ainda hoje, moldada em certo gosto "velho mundo" de oposição cidade/natureza, em que o ideal urbano conquista as almas brasileiras. Nenhuma surpresa, nisso. Só que, como disse, eu nasci, no "velho mundo". Aliás, meu país, longo, estreito e com uma presença "capilar" de cidades, cidadezinhas & vilarejos, é uma das metas do turismo internacional privilegiadas, exatamente por sua rica e linda história da arquitetura & do urbanismo. Assim, para mim, em contraste com isso, que é parte constitutiva de minha cultura e história, torna-se atraente a idéia da "grande fronteira", do horizonte sem limite, do espaço que, no limite, aparenta o vazio das marcas humanas.
E, diga-se de passagem, a Europa está um pouco decadente, em termos humanos. Meu país, constato com tristeza, vive "de renda" há quase 500 anos. Depois da grande praça de São Pedro, realizada na primeira metade do século XVII, apareceu o "bloqueio do antigo": nada mais foi feito, a criatividade estancou e o país, dominado ao longo de séculos pelos estrangeiros, fossem eles espanhóis ou austríacos, esgotou suas capacidades de "preservar vivendo sua atualidade" e só foi explorando por aquilo que já existia. Que não é pouco, certo.
Aliás, coisa interessante, o Estado Nação, em meu país de origem, é mais novo do que o Estado Nação brasileiro. Com efeito, o Brasil é de 1822, enquanto a Itália é somente de 1860. E são fortes as pressões separatistas, muito fortes, mas isso não aparece na imprensa brasileira e poucos sabem disso por aqui.
Mas não quero falar de Itália, talvez porque a leitura quotidiana dos jornais online me deixa pasma, entristecida e preocupada. Vamos mesmo falar de viagens em lugares que, para mim, fada européia (não tem mérito nisso, só o acaso do nascimento), representam, sim, o exótico distante....
Durante minhas viagens costumo manter cadernetas com as anotações do que fiz & vi. Vai, aqui, uma seleção do que fui anotando a caminho para e de volta da Mongólia (incluindo, assim, minha parada européia...). Dedicado a quem gosta de "viajar"...
Lisboa, 28/06/2010. Aeroporto. h. 14,30
Esperando embarcar para Milão. Última parte da viagem para começar minhas férias. Estou preste a encontrar meus pais. Se tudo der certo, iremos mesmo para a Mongólia. Tenho o desejo de que seja uma grande viagem. Tenho o temor de que possa ser a última dessa natureza "radical" com eles. Quero dizer que o tempo passa e ninguém fica mais jovem. Pensamentos nefastos, como nefasto é pensar, agora, no lugar de trabalho. Oh, Coisa inútil! Mas é bom anotar, mesmo assim. Colegas que chegam, colegas que vão embora. Hora de embarcar....

segunda-feira, 5 de julho de 2010

MONGÓLIA


Amanhã vou viajar. Às onze e pouco da manhã vou para Moscou, onde tem conexão para Ulaan Bataar, na Mongólia. Obviamente, não vou ficar procurando cyberpoints nem nada disso enquanto estiver viajando. Nem na capital, nem, é claro, no deserto de Gobi, onde ficarei bem longe da civilização. Faz muitos anos que tenho esse desejo de visitar a Mongólia e, finalmente, parece que, dessa vez, vou conseguir chegar e visitar a terra de Gengis Khan, de Tamerlão o Grande, enfim, da civilização que obrigou os chineses a construir a Grande Muralha... Quem sabe, encontre Xanadu lugar onde, como escrevia Samuel T. Coleridge,
"In Xanadu did Kublhai Khan/ a stately pleasure dome decree/ Where Alph, the sacred river run/ through caverns measureless to see/ down to a sunless sea..."
Enfim, mais um lugar mítico que conseguirei visitar antes de morrer... Até agora, já estive em alguns desses lugares, sobre os quais, principalmente por razões literárias, paira essa aura mágica de lugar de mitos. Visitei as ilhas Galápagos, dobrei Cabo Horn, fui à Ilha de Nantucket (para quem não saiba, o lugar de onde saiam os navios baleeiros norte-americanos no século XIX. literariamente falando, a ilha de onde saiu o Pequod, o navio de Achab, em busca de Moby Dick...), passei por Macchu Picchu, passeei pelo Sahara... e agora, a Mongólia.
Boa viagem para mim, bom descanso para os poucos & silenciosos que, vez ou outra, se deparam com minhas palavras por aqui... Até o dia 22!
FdP.

quarta-feira, 30 de junho de 2010

HORROROSA MANIA!!!


Sei lá, de novo, eu não gosto dessa coisa de gente que escreve frases curtas e diz que é poesia... e em geral coisas de dar dó, além de expressar, em geral, muita dor de cotovelo.
Mas estava lá eu aplicando prova cruel aos desajeitados alunos, quando, olhando para a parede branco suja e para a caixa do ar condicionado encardida de poeira quando, novamente, a musa tomou conta de mim... E aqui vai meu calembour...

Serei Serena.
Sereia
Serei Sisuda.
Sentirei
Sentidos Ausentes
Cravados no Crivo.
Me elevo.
Um Tremor,
Um Temor:
Tilintar Trágico
do meu (Mau) Humor.

terça-feira, 29 de junho de 2010

POEMA POÉTICO


Não gosto de poetas. Mas há dois dias fiquei inspirada por imagens repentinas e escrevi essa breve, muito breve composição....
Enjoy!

Duas maconheiras sem vergonha.
Sem maconha.
Que vergonha!

Faltam seis dias para eu viajar. Destino: Mongólia...

sexta-feira, 25 de junho de 2010

BIOGRAFIAS IMPOSSÍVEIS II: IRREVERENTE LIVRE

Foto de casamento das duas Irreverentes.

A senhorita Irreverente Livre reside na Rua do Joelho 12, ao lado da cadeia da cidade famosa por suas três Ts de Tetas, Torres e Tapioca.

Irreverente é a primeira T, a de Tetas, sem dúvidas. Exuberante, revela esse seu elemento enlevando-o através de abismos vertiginosos de decotes marcantes, regatas restritas que não restringem muito. Irreverente, para dizer a verdade, não gosta muito de sua T, pois quando ela entra, antes dela entra sua T. Irreverente, desde criança, espiava pelas janelas da Rua do Joelho 12 suspirando, se perguntando como abrir, aliás, escancarar os portões da cadeia, que ela chamava de Castelo do Marisco, lugar que imaginava feito como as masmorras da magnífica residência de uma bruxa poderosa, e pensava que um dia teria derrotado a bruxa e a substituiria, poderosa e dominadora. Enfim, queria descobrir os Mistérios do Marisco. Tanto trovão trouxe chuva, e também tanto foi a gata até a banha que acabou perdendo uma pata, encontrou, a jovem, livre, o caminho para este conhecimento e, finalmente presa, em seguida a posturas um pouco excessivas (leia-se: tumultos graves no estádio durante os jogos de seu time do coração), conseguiu, finalmente, libertar toda sua irreverência entre as estreitas paredes de uma cela comum. Conta Irreverente que a excitante experiência a encheu de felicidade, pois conseguiu, finalmente, encontrar Figuras Interessantes, ladras e prostitutas, trombadinhas e traficantes, ampliando, assim, o panorama de suas possibilidades. Irreverente nunca teve dúvidas: o mundo de liberdade atrás das grades é, decididamente, muito mais interessante de tudo que, até então, encontrara. Por isso, visto que sua permanência nas cadeia nacional durou somente poucas horas, daquele dia em diante ela se esforça, com grande seriedade & afinco, para reencontrar o caminho daquela que considera sua verdadeira residencia, a cadeia do Marisco, onde um dia poderá afirmar que é Livre, ainda que tenha, para isso, renunciar a ser Irreverente.

Para tanto, muito se empenha: lá, onde as brigas são mais ásperas, lá, no parapeito da curva, a gritar até explodir as veias do pescoço, lá, onde os Paraísos Artificiais se encontram na escuridão – e, às vezes, à luz do sol – eis que Irreverente caminha, tranquila e seráfica, consciente de sua força, da direção a ser dada à sua vida. Dominará o grande castelo do Marisco, ainda que dificuldades e obstáculos pareçam insuperáveis. Enfim, não é facílimo, quando os Inimigos, as Forças da Ordem se opõem, proibindo-a de entrar no lugar mais amado, no lugar onde pode ser si mesma, libertando a força selvagem que guarda dentro: o estádio é a ela proibido, e não tem graça em entrar no Marisco enquanto desobediente pura e simples, aqui precisa de algo grande, algo que demonstre sua potencia, não um malfeito corriqueiro!

Irreverente realizou um monte de coisas belíssimas, em sua vida, é uma Esplendorosa Pessoa, chia de idéias e atividades. Por exemplo, um dia resolveu montar um time. De futebol? Não. De vôlei ? Não. De Basquete? Que nada! De futebol americano, um esporte leve e delicado, time para o qual convidou várias donzelas leves e delicadas, que desejavam correr como ninfas entre os bosques, enfrentando os adversários como se fossem Sátiros Vulgares a serem eliminados. O time não podia que se nomear As Megeras. Infelizmente, elas ganhavam tanto, mas tanto que, no final da primeira rodada os outros times recusaram-se em investir seus patrocínos em esparadrapos e colares de gesso. Assi, as Megeras ganhavam sem jogar, por abandono do adversário. Jogar virou um grande tédio e o time se extinguiu. Ma Irreverente, todavia, decidiu que os vestígios de tudo isso deveriam permanecer como eterna memória, tanto que, ainda hoje, todos os anos, convoca as sobreviventes companheiras de time para uma grande festa. Na verdade, poucas são as supérstites nas cruéis andanças da vida. Parte sucumbiu às múltiplas maternidades, outra aos Poderosos Maridos Impotentes, ou às Namoradas Extremamente Dolorosas, tanto que o número que sobrou é tão pequeno que na festa anual das Megeras vai um monte de gente que não tem nada a ver. Ainda assim, é sempre um momento de encontro mágico, apesar do fato de a lembrança das Megeras ter que ser tomado emprestado pelos hóspedes por algumas horas.

Irreverente é viúva, de um casamento de Amor. Sempre aquele com A maiúscula, mas dessa vez de origem visceral, aquele Amor que chacoalha a alma, as entranhas e a genitália. Casou, contra a vontade do mundo inteiro, mas com o apoio de amigas leais e da família, com Irreverente Lutadora. Sim, eram as duas Irreverentes, homônimas, iguáis e contrarias: Irreverente Livre, loira, extrovertida, de esquerda, Irreverente Lutadora, morena, introvertida e declaradamente de direita. Yin e Yang total, saíram à conquista do mundo, o Marisco, mas o Marisco era fortificado, ainda não amadurecera o tempo, as estrelas não se encontravam corretamente alinhadas, e enquanto esperavam o melhor momento, se dedicavam à construção de outros Paraísos Domésticos: a casa delas se tornou um acolhedor Buraco Negro, onde todos que entravam não encontravam nem a maneira nem, principalmente, uma motivação para sair. Irreverentes e Felizes, confundidas uma na outra em um abraço decididamente resistente, duras e tenras, excessivas, amadas e admiradas, criavam sempre um arrepio, um frisson por onde passavam. Ou, quanto menos, uma certa Perplexidade, mas nunca sua passagem deixava as coisas como estavam. Mas, mas, porém, porém, um dia, Irreverente Lutadora deitou entre os vasos de flores e disse: “Meu amor, está hora de eu deixar o Buraco Negro para sempre, pois a luz é um fenômeno que merece um estudo aprofundado. Sei que vou deixar um Buraco Profundo, mas o que deve acontecer, acontece, e nossos trilhos cruzados devem encontrar um cruzamento diverso”, fechou os olhos e um bando de faisões no jardim lhe levou embora o respiro. Grande foi a dor de Irreverente Livre, uma tristeza Território infinito sem fronteiras tomou conta dela, perdera metade da Irreverência, sua doce metade, mas como se trata de uma mulher de fibra, agarrou um regador e começou a recolher as lagrimas para regar gerações e gerações de orquídias exóticas e brilhantes. Eis, agora que vocês encontraram toda essa Irreverência, saibam que sua existência é de Fundamental Importância para quem é do bem e, talvez, também para quem é do mal.


sexta-feira, 18 de junho de 2010

BIOGRAFIAS IMPOSSÍVEIS: CÁLIDA NEBULOSA.

A esquerda: a foto do passaporte de Cálida Nebulosa.

A senhorita Cálida Nebulosa, de origem rural, mede pouco mais de um metro & tem cara de ostra. O pai, Nérvulo Nebulosa, se ocupa de vacas, em particular de seu trato gastro-intestinal, que conhece profundamente ao toque. Possui a extraordinária capacidade de distinguir as particularidades que envolvem – ou revolvem – essa última parte do aparelho digestivo dos simpáticos animais quadrúpedes ruminantes, & é um dos mais conhecidos experts no campo. Infelizmente, os vapores mefíticos que, com demasiada freqüência o envolveram desde jovem nessa brilhante atividade minaram definitivamente sua saúde. A mãe, Sonhante Nebulosa, quando senhorita tocava piano mas, fascinada pelo conhecimento profundo dos labirintos bovinos do então jovem Nérvulo, abandonou a possível carreira de brilhante concertista em festas rurais & bucólicas, com a finalidade de se tornar sua devota esposa &, principalmente, dedicar-se às beatas tarefas da devoção religiosa na igreja local, uma imitação praticamente perfeita da basílica de Santa Cleonilde das Marés, em Finis Terrae, Portugal, ainda que em escala reduzida. Dessa união bendita, principalmente pelo pároco da aldeia de Cambatatã, localizada nada mais nada menos do que no interior do interior do Brasil, a cavalo do trópico de Capricórnio, nasceram dois filhos. O primeiro, Crédulo Nebulosa, subiu na carreira em uma multinacional de produtos de jogo de azar para malandros. A empresa produz baralhos com sete ases, dados côncavos e convexos com sete caras, tarôs trucados e, principalmente, roulettes com várias inclinações, entre as quais a mais vendida é aquela de inclinação sado-masoquista & fetichista. Crédulo casou-se felizmente com uma doce donzela da aldeia feliz de Cambatatã, generosa & cheia de piedade, tão cheia de piedade que se dava por piedade a todos que mostrassem tendências à solidão & melancolia. Crédulo, movido por tamanha devoção para com a humanidade, sentiu um frêmito na frente, de aprovação, & pediu sua mão, que ela, certeiramente, aplicou no lugar certo, no momento certo. E viveram felizes & contentes.

A segunda filha do casal Nérvulo e Sonhante foi, com efeito, a ostra anã Cálida.

Desde a mais tenra infância, Cálida sonhava com outros lugares e outros horizontes, talvez mais elevados, já que ela ia à altura de pé mas, de qualquer maneira, o fato é que, olhando para o infindável horizonte de campos de túberos em volta de Cambatatã, repetia para si mesma que um dia teria conhecido realidades mais rizomáticas do que aquela. A primeira vez que expressou esse desejo, todavia, levou dois redondos tapas na cara, simultâneos, um de cada face, tapas dedos pelo casal Nebulosa, e que configuraram, de forma definitiva, suas feições de ostra. Daquele dia em diante, alem de querer ir embora, Cálida tomou consciência da beleza das mulheres & de sua própria configuração de fruto de mar viscoso, & começou a acariciar a idéia de transformar todos os rostos em ostras mais ostras do que o dela. A situação era tão trágica, mas tão trágica, que a senhora Sonhante, cada vez mais enrolada nas sábias coisas da religião, percebeu os traços do demônio no rosto da filha e pediu a intervenção do bom pároco da pequena paróquia tropical. O pároco sugeriu que levassem a ostra anã para uma benção especial, em que ele usaria o suco mais puro do produto dos campos de Cambatatã. Em resumo, tentaram caçar o diabo a golpes de purê. Ao que parece, a coisa não funcionou, e Cálida cresceu – pouco, para dizer a verdade – de alma cada vez mais apodrecida.

Finalmente, conseguiu fugir ao seu cruel destino de pequena filha de Cambatatã, quando já tinha se tornado uma ostra adulta, mas ainda assim anã, e foi trabalhar na cidade grande, em Capital City e ainda mais, ainda por cima, a cavalo do mesmo trópico tropical. Em Capital City, a jovem ostra encontrou seu destino, ou melhor, sua Nêmesis Profunda: um emprego em uma revista de plástica e beleza. O fato é que, vejam bem, nenhuma mulher impressa é o que aparenta ser. Aliás, é sempre produto de infinitos retoques: uma olheira aqui, um rolinho de gordura acolá, uma falta de elasticidade acima, um excesso de adiposidade abaixo... Enfim, nenhum cirurgião plástico realiza na prática, o que Cálida Nebulosa alcança com seus instrumentos digitais, com os quais retira as imperfeições, para satisfazer, assim, os sonhos de senhoras calipígias, exuberantes e não mais viçosas, graças a seu bisturi informático. A Ostra Anã, que havia muito acalentava o desejo de destruir todo e qualquer vestígio de beleza feminina, encontrou-se trabalhando na invenção de belezas refeitas & falsificadas que nem milagres... E se essa não é Nêmesis, então me digam vocês o que é! Cálida realiza centenas & centenas dessas operações milagrosas todo mês, produz milagres digitais quotidianos, deixando as leitoras sonharem, leitoras normalmente imperfeitas, de poder um dia se tornar algo que nenhum cirurgião jamais se permite prometer.

Apesar dessa piada do destino, todavia, Cálida não podia se conformar com seu estado de Vênus Impossível, e sentia queimar dentro o desejo de desfigurar profundamente algo, ou melhor, alguém mais bonito do que ela. Assim, começou a procurar pelo amor. Aliás, pelo Amor com a famosa A maiúscula, já que, alimentada por anos de papas de telenovelas, que a mãe Sonhante assistia com olhos sonhadores e nostálgicos, obviamente não conseguia pensar em uma alternativa plausível ao que via na TV, e queria realiza-lo nesse mundo de pessoas em carne e ossos.

Em breve, o fato é que Cálida, pequena, de cara torta e com o dom digital de transformar mulheres normais em belezas virtualmente impossíveis, queria encontrar uma mulher bonita e torná-la uma montruosidade real. Isso, afinal das contas, nada mais é do que o papel de vilã em uma qualquer novela de respeito: odiar toda forma de beleza, certo requinte de pensamento e qualquer resquício de inteligência. Tornar-se Pura Inveja, aquela que a mãe Sonhante sempre avisou ser um Pecado Capital. Mas, fazer o que? Cálida Nebulosa era inevitavelmente atraída pelo que mais odiava: as mulheres.

Bom, está na hora de deixarmos essa ostra sem pérula rara às suas piedosas obras de restauração corporal fictícias. Vamos deixa-la à sua ráiva camuflada de Vítima das Circumstâncias, já que não se trata de uma Personalidade Apaixonante, mas sim, de um Mero Acidente contra o qual gente bem mais interessante teve a desavença de esbarrar. Ainda que Cálida não seja um iceberg, e quem nela esbarrou não tenha afundado feito um Titanic ela teve, mesmo assim, a capacidade de provocar alguns galos nas cabeças.


terça-feira, 15 de junho de 2010

POST FORTEMENTE SURREAL. NÃO LEVEM MUITO A SÉRIO...

Pessoal, vamos rir um pouco mais e dar poder à imaginação? Vivemos no meio de burocracias impossíveis, em que temos que ficar enjaulados em vocabulários cada vez mais pobres. O bom das palavras reside em suas polissemias, na possibilidade constante de reinventar seus significados. Acrônimos, então, nem se fala: quantas vezes, perplexos, tentamos entender o que aquela longa fila de letras maiúsculas escondem? Por exemplo, o acrônimo USP pode ser
1) Universidade Sol & Praia
2) Unidos Sempre Perderemos ou
3) Universo Sem Pensamento.
A opção três é, sem dúvida, a que mais se aproxima da realidade.
O acrônimo CO, dentro da USP, significa Conselho Universitário (acreditem se quiser, é que o uso das iniciais das duas palavras não ficaria nada bonito, concordam?).
Bom, acontece que no meu lugar de trabalho estamos passando por mudanças que obrigam a escolher um acrônimo. Qual vocês acham que pode ser o acrônimo de um
Departamento de Educação, Informação e Comunicação?
(10 segundos para responder)
.................................................................................................
Se vocês responderam DEIC...... Parabéns, vocês acertaram!
Quando soube, eu ri. Ri, porque todos sabemos que é o acrônimo do Departamento Estadual de Investigações Criminais.
Um nome ambíguo, que em algum momento perturba, por ser carregado de memória "pesada".
Não é exatamente um acrônimo divertido. Mas, fazer o que?
Tivemos um problema muito engraçado com o acrônimo de um centro de pesquisa, que foi chamado.... CRAP!!! Na época, eu ri do mesmo jeito, pois meu inglês não está tão ruim, e crap nada mais é do que "dejeitos", "fezes". Resumidamente, nosso acrônimo correspondia à palavra cocô.
Nada mal, para um lugar de pesquisa.
Bom, como nenhum dos meus colegas se ligou no inglês, tivemos que esperar um pouco, para que o lugar fosse renomeado, passando a se chamar pelo acrônimo CRIPE. Mas, para mim, sempre ficará marcado pelo nome anterior. De nome, faço questão de esclarecer, MAS NÃO DE FATO.
DEIC, eu concordo, é um acrônimo péssimo. Não é nada criativo...
Pessoalmente, eu preferiria DECID, Departamento de Educação, Ciência da Informação e Documentação, que à pergunta "de que departamento você é?" responderia "Decide!", oferecendo ao interlocutor a possibilidade efetiva de decidir, escolher sem jaulas... Seria um acrônimo bem surreal, simpático, em que a ambiguidade cresce desmedidamente.
Ninguém, porém, acatou essa proposta, ou levou a sério. Sei lá porque, será que falta humor na acadêmia? (A resposta certa a essa pergunta RETÓRICA é SIM!).
De qualquer maneira, a proposta desse nome estúpido ainda deve passar pelo CO (Conselho Oniversitário, que ainda não foi renomeado com as letrinhas certas... que hipocrisia, heim?), e muitas metamorfoses até lá devem acontecer.
Pessoalmente, não me preocupo muito.
Palavras são poderosas, mas o grande barato é saber como transforma-las, ressignificá-las. Discordo de quem diz que DEIC não deve ser usado, porque remete ao mundo policial. E daí? Será que por isso é proibido? Será que temos medo de enfrentar a história e a memória, desmontando suas mazelas, contando o que elas representam, ao invés de esconder os esqueletos no armário? Independentemente disso, uma discussão que encontra seu lugar mais apropriado na academia, e não nesse blog, vamos às potencialidades lúdicas do acrônimo.
Pelo que pode ser feito com os acrônimos, pela força da imaginação, que em algum momento tem poder, se assim decidirmos, essas letras podem indicar:
1) Divindades Extremamente Iradas Correm.
2) Domínio Encantadoramente Invadido por Cachorros.
3) DECIDIDAMENTE ESTÁ IMPOSSÍVEL CONVERSAR.
Francamente Feliz Cantarei Livre Rindo Positiva nada mais é do que FFCLRP, minha faculdade.
Despistar Filas Movediças é o DFM, meu departamento atual.
E eu sou uma FdP, acrônimo muito ambíguo de Fada de Preto.
Viva os calembours!
Viva Oulipo!
Viva o surrealismo!
Mais DADA e menos DADOS!

sexta-feira, 11 de junho de 2010

SOU BOAZINHA, MAS...


Wow! Pelo meu último post, percebi que tem gente, por aí, que anda pensando que me conhece e sabe o que é melhor para mim. Ao que parece, alguém quer me tutelar, "GUIAR" minha vida me sugerindo, nem tanto sutilmente, o que fazer ou o que deixar de fazer. Agradeço a gentil preocupação, sei que vem de um desejo de me ver feliz, PORÉM:
1) Não precisa achar que a vida particular de uma fada seja governada pela desordem ou pela infelicidade. Tenho uma vida particular extremamente feliz e vivaz, nunca me entedio, nos altos e baixos a eterna construção de minha parceria está que nem uma linda arvore que recebe água, luz e calor. Sou uma fada apaixonada, ainda que fada gringa tenha seus jeitos estranhos de manifestar as paixões. Abstenham-se, gentis leitores/as, de pensar que conhecem melhor do que eu meus desejos, é sério, vocês correm o risco de se perder: a mente de uma fada é um labirinto não menos complexo do que o de uma pessoa comum, não tentem entender, só vão acabar se frustrando! Aproveitem o que a FdP tem de bom, de criativo, de "fora de série" e não pensem em me indicar caminhos. Cada um tem o seu, e eu escolhi o meu.
2) Na vida há quem quer agir feito piranha. Nesses casos, feita um jacaré, nado de costas. Mas tem muita gente boa, e é com essa que eu fico. O equilíbrio de uma fada é frágil, mas existe. Habilidade de fada consiste na consciência da fragilidade de qualquer equilíbrio e na falta de medo em enfrentar momentos menos estáveis... Toda vez que um equilíbrio se rompe, outro se cria... já pararam para pensar como isso é bom? Torna a vida movimento, impede que a gente fique parada... faz pensar, faz mudar, e uma fada como eu gosta de ver o que acontece nas mudanças de equilíbrio, não tem medo de ver o que acontece!
3) Me olho no espelho e penso, com as palavras de J. Cocteau, que "os espelhos deveriam refletir melhor, antes de refletir". Mas ainda assim, me olho, e com olhar verdadeiro conheço (alguns de) meus méritos e (alguns de) meus limites. Outros vou conhecendo no tempo e nas ações. Mas fico de olho em mim mesma e na realidade, como diazia Gramsci, com "o otimismo da vontade e o pessimismo da razão". E se por acaso eu fosse perder a capacidade de olhar, bom... ganho o suficiente para pagar uma boa terapia!!!
Portanto, portanto:
como mulher capaz de se LIVRAR de muitas chatices, posso afirmar que tem tempo, sempre, muito tempo para fazer coisas legais... sei lá, ler um bom livro, tomar um bom vinho, dar uma volta com o cachorro, cuidar das plantas, preparar uma comida gostosa, jogar um bom jogo, inventar uma história... São escolhas, escolhas que me levam a pensar nos outros de maneira mais agradável, quando é o caso, ou a não perder meu tempo pensando nos outros, sempre quando é o caso. Se quiserem, apreciem a FdP pelo que é, mas não tentem enjaular a dita cuja na banalidade de querer que ela mude conforme vocês pensam, e não projetem em uma fada suas insatisfações e desejos, pois ela sempre estará em "outro" lugar, pensando "outras" coisas. Se quiserem compartilhar, sejam bem vindos(as), se quiserem que ela mude, cura-la, cuidar da vida dela, tutela-la... bom, nesse caso, esse endereço se auto-destruirá em seus computadores em 20 segundos!

terça-feira, 8 de junho de 2010

LIVRE...LIVRE...LIVRE!!!!


Consegui acabar o meu escrito. Alívio, alívio, mas já estou às voltas com outro rascunho impossível.
Esse ano, depois de apanhar feito uma burra no trabalho, resolvi que não vou mais me envolver com nada que não seja produzir, produzir e produzir.
Deixo, com o maior prazer, tudo que é relativo a escolhas e decisões para, finalmente, SOFRER EM PAZ (é isso mesmo, "sofrer em paz"...)
Tenho muitas boas intenções, com as quais ladrilhar o inferno:
1) Escrever um artigo ou capítulo de livro POR MÊS (vou sonhaaaando! Com meus bloqueios criativos, só no mundo da fantasia! Mas o que seria de mim, se até aos sonhos renunciasse???)
2) Não perder a paciência perante a estupidez humana (ESSA é bem difícil de cumprir...)
3) Deixar que os outros descubram, SOZINHOS, o caminho das pedras (ou seja: dicas com base em conhecimentos & experiência de como funcionam ALGUMAS coisas: NEM MORTA, chega, batam seus cornos contra a realidade & descubram)
4) Não perder meu tempo em reuniões em que se finge decidir algo que já foi decidido alhures (isso é: CHEGA de qualquer reunião de trabalho)
Sim, é uma declaração de independência.
A quem vier me falar que sou incompetente, responderei com um suspiro e um sorriso.
A quem vier me dizer que devo ser diferente do que sou, responderei com um suspiro e um sorriso.
A quem vier afirmar que devo baixar a cabeça, responderei com um suspiro e um sorriso.
Vou suspirar tanto, que vou criar tempestades pneumáticas, tornados pneumônicos, tufões asmáticos.
E vou sorrir tanto, mas tanto, que até vão achar que sou simpática!!!!
FdP forever & ever.

segunda-feira, 7 de junho de 2010

NADA A DIZER


Estou em firme e franca crise criativa. Nas últimas semanas, urucas espetaculares me assombraram. Minha sala de trabalho pegou fogo. Literalmente. Estava eu almoçando, quando me ligaram, dizendo que labaredas saiam pela janela. Corri de volta e encontrei gente enegrecida pela fuligem, minha porta arrombada e tudo coberto por uma coisa preta e gordurosa. Uma beleza, tive que mudar de sala, fui para outra que é a metade do tamanho. Não se sabe quando voltarei para a outra sala. No dia seguinte, peguei a estrada para Capital City e fiquei presa no transito, na saída de Black Stream: uma carreta tombou e atravessou a pista. Ainda, estou com gripe. Para completar o quadro, emperrei na produção de um artigo. Não consigo encerrar o escrito. E, até conseguir, parece que tudo para. Quero dizer, estou com prisão de ventre produtiva. Intestino criativo preso. No final de semana tentei passar de fase no videogame, mas não consegui de jeito nenhum. Meu cachorro vomitou e cagou as tripas durante a noite, ontem. Tudo muito objetivo, come se pode ver, nada de melancolia espiritual. Me falta qualquer inspiração, diante do meu nariz entupido, da minha garganta que arde, além de uma maravilhosa, gigantesca e muito dolorida espinha na orelha, daquelas que nem dá para espremer com gosto porque é debaixo da pele. Estou me sentindo frustrada por essa maldita espinha. Sexta feira fui à livraria e sai somente com livros "de trabalho". E agora tenho que enfrentar, para melhorar meu humor, coisas que no título tem palavras hostis como "capital", "redes", "trabalho"... E, para completar, é segunda feira em uma sociedade de massa. Ou seja: mesmo que eu expresse algum tipo de ódio pelo mundo, o mundo nem está aí. Nem essa tristeza cósmica se transforma, sei lá, em poesia. Tipo Sylvia Plath. Deprimida, deprimente, mas belíssima. Mmmm... talvez não tenha sido uma boa idéia, pegar na mão os poemas da dita cuja, nesse estado...

sexta-feira, 21 de maio de 2010

CRIATURAS DIFERENTES II: O SACI E A FLOR DA SAMAMBAIA

Peço desculpas pela demora... mas não gosto de falar de coisas tão importantes como as Criaturas Diferentes sem me atualizar... Então, como sou uma Fada Gringa em terras brasileiras, gostaria, em primeiro lugar, de parabenizar os brasileiros pela rica "fauna" de criaturas Diferentes. Não tratarei de todas, é claro, pois apesar de eu querer oferecer um manual de auto-ajuda, seria impossível cobrir tamanha extensão. Mas devo falar dessa variedade de duende, o Saci, sim, mesmo que todo mundo saiba do que se trata e quem ele é. Além do Câmara Cascudo, o Monteiro Lobato foi a fonte principal para meus conhecimento sobre essa variedade duendesca. Porém, não o Monteiro Lobato dos livros infantis, não. O Monteiro Lobato autor/escritor que gosta de fazer da literatura um laboratório, apesar das críticas oficiais considerá-lo pré-modernista, bem "modernista". Eis que fui eu encontrar, com meu toque de Fada, o Inquerito sobre o Saci. Um livro apaixonante, que multiplica as histórias sobre essa criatura de pele escura, vestido de calção vermelho, de uma perna só, que fuma um cachimbinho (bem politicamente incorreto, nesses tempos persecutórios contra os fumantes... já gostei!). Sabemos que age feito um gremlin, ou seja, faz danos, rouba as coisas, viaja em redemoinhos... é um demoniozinho, obviamente, mais ligado ao mundo dos elementais do que às maldades das criaturas infernais. Por isso, revela seu parentesco com os duendes. Monteiro Lobato transforma a existência do saci em um agradabilíssimo texto literário, em que cria inúmeras vozes que relatam suas histórias, optando, assim, por registros linguísticos variados na construção dessa Criatura que, com certeza, fazia parte do próprio DNA dele (é só olhar as fotos do Lobato, para eliminar as dúvidas...).
Pessoalmente, enquanto Fada, reconheço o duende em sua variedade brasileira. Todos sabemos que os duendes são os responsáveis por colocarem o pote de ouro no final do Arco Iris, e muitos já tentaram encontrar esse ponto e a riqueza do pote, sempre sem sucesso. Da mesma maneira age o Saci. O relato mais poético sobre essa extraordinária criatura é a história do Saci guardião da Flor da Samambaia. Evidentemente uma flor mágica, assim como o é a Mandrágora, que nasce à noite do sêmen dos enforcados (questão, essa, que foi censurada naquela grande peça de marketing sobre bruxaria que é a saga de Harry Potter). A Flor da Samambaia também nasce à noite, nos "samambaiais". É uma flor de uma beleza absoluta, e não poucos foram os humanos que tentaram colhe-la. No "samambaial" inteiro só há uma flor, brilhante, perfumada, latejante de cores luminosas na escuridão. Porém, qualquer tentativa de alcança-la tem sido frustrada.
No momento em que os bem aventurados que tiveram o privilégio de ver a flor esticaram a mão para colhe-la, o Saci, em um breve relâmpago a fez desaparecer, mantendo-a fora do alcance humano.
Uma história belíssima, para retomar minhas reflexões sobre nós, Criaturas Diferentes...
FdP.

terça-feira, 27 de abril de 2010

MACABÉIA SÓ MERECE MORRER!



Há anos tentei ler, várias vezes, alguma coisa da Clarice Lispector. Quer por imaturidade, quer porque não gosto do rótulo de "literatura feminina", acabei desenvolvendo um certo preconceito contra a autora. Isso acabou impedindo que conseguisse levar a cabo a leitura, não digo de "A paixão segundo GH", que é um livro de muitas páginas, mas até de "A hora da estrela".
Pois bem.
Esse preconceito acabou, e para tanto, preciso, em primeiro lugar, agradecer uma colega que, em uma palestra de grande requinte de conteúdo e de forma, conseguiu despertar meu interesse pela Clarice Lispector.
Tanto que, agora, estou desesperadamente procurando "A paixão segundo GH", aparentemente esgotado nas principais livrarias do estado.
Mas, no entanto, lá fui eu, um sábado de manhã, acordar às seis.
Olhos em forma de bola na semi-escuridão do meu quarto.
Sem, é claro, dar conta de voltar a dormir. Assim, como estava eu fresquinha da palestra, levantei de vez e fui para minha estante, procurar minha edição em italiano de "A hora da estrela".
Sábado.
Seis da manhã.
Às nove e meia tinha marcado com minha carona para pegar a estrada de volta para Black Stream (eh, eu estava em Capital City).
Então, considerando que tinha que arrumar minha maleta, separar os livros para minha semana de trabalho, olhei para "A hora da estrela" e decidi:
Agora ou nunca.
Em pouco mais de duas horas eu tinha que ler e tirar, finalmente, alguma consideração pessoal alheia aos preconceitos estúpidos.
Sentei no sofá e comecei minha leitura.
Amei a crueldade sádica e cruel da Clarice.
Macabéia realmente só pode morrer. DEVE morrer.
Merece mesmo.
Oh, mulher inútil,
mansa de dar raiva!
O concentrado de tudo que é desprezível no universo dos ideais femininos!
Matar a Macabéia é um ato devido, sim senhores, e Clarice revelou-se mestra em eliminar, de vez, aquilo que mais pode ter de odioso e inútil no imaginário sobre uma mulher.
Essa personagem é o suprassumo do que de pior uma mulher pode representar: mansidão, mediocridade, passividade, bondade covarde...
Macabéia não tem cabimento no mundo.
Obrigada, Clarice, por eliminar essa criatura hedionda.
Aliás.
Obrigada por materializá-la, tornando, assim, possível sua destruição.
Agora, quero ler "A paixão segundo GH".
Acho que passei a gostar de Clarice Lispector.
Obrigada, Lucília, pela palestra que tirou a limpo meus preconceitos!
E, principalmente:
OBRIGADA, MACABÉIA, POR SUA INUTILIDADE EM VIDA E EM MORTE!