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Quindi, si, le sirene esistono e proprio l'altro
giorno ne parlavo con la mia vicina Medea, mentre lei raccoglieva le uova d'oca
da un albero d'oche...
Abbiam poi deciso che prendevamo io il mio
maggiolino e lei la sua vespa per volare sulle spiagge della Sirenaica. A Sirene
avremmo potuto passare una notte allegra al Nausicaa, e, chi sa, incontrare una
qualche sirenetta con cui scambiare quattro chiacchiere... La musica, già in
partenza, è la parte più appetitosa della serata, c’è la lira elettrificata sopra
il battito di onde contro gli scogli e, soprattutto, c’è la voce suadente, sexy
e roca di Melusina, il tutto live e accompagnato da un’ottima scelta di nettari
e ambrosie, e l’ambiente è sempre interessante.
Insomma, vespa e maggiolino sellati, arriviamo in
questa regione bellissima del nord Africa. La Sirenaica è la regione orientale
della Líbia, la cui capitale è Bengasi, che anticamente era conosciuta come
Bengodi. Per ragioni di trasformazione fonetica, che non starò qui a spiegare, oggi
è conosciuta come Cirenaica e la città più antica è Sirene, oggi Cirene.
La grande fonte di ricchezza della Sirenaica è il
turismo, specialmente a Sirene. Gioco e prostituzione sono la ricchezza del
posto che il boss Nettonio gestisce e soprattutto i maschi umani, attratti
dalle voci seduttrici delle indigene, finiscono per lasciarci il capitale. È
una vera e propria Las Vegas africana, stretta tra il mare e le propaggini del
Sahara.
Io e Medea arriviamo a Bengasi al tramonto e il
colore del cielo ci lascia senza fiato. Tra le malie delle maliarde africane,
ci scordiamo sempre delle arti di seduzione della nostra amica Shaba, boss
potente che controlla quella zona, che ci sta aspettando e che ha creato
l’incanto del primo tramonto color argento che abbiamo mai visto in vita
nostra. Ci riceve nel suo palazzo Bengodiano, e per essere chiara sul posto
dove entriamo dopo aver lasciato maggiolino e vespa alle cure degli stallieri,
immaginatevi una straducola polverosa, non asfaltata, con quattro cani smunti
che rigirano i monticelli di pattume.
E qui, Medea non si smentisce, entra in una
macelleria dove compra quattro gobbe di cammello, le sminuzza e le da ai cani.
Due cose: uno, le gobbe di cammello sono ricche in proteina e sono molto
idratanti, quando sono gonfie, praticamente come il cocco verde. Due, Medea non
è un tipo materno, ma con le bestie ci sa fare davvero. Una volta è riuscita a
piazzare due draghi di Kommodo abbandonati sulle coste di Sumatra a una
famiglia d’adozione di gnomi tedeschi. Ha un vero e proprio allevamento di
vesponi che servono proprio al trasporto degli animali che devono essere
adottati nei punti più distanti del globo. È l’unica persona che conosco che
sia riuscita a trasportare pinguini neonati al polo nord e un gruppo di anziani
orsi polari nella Terra del Fuoco. La parte dei pinguini l’ho vista anch’io,
abbiamo viaggiato insieme e mi ha insegnato a dare il biberon ai pinguini senza
ferirgli il becco.
Ma sto divagando. Allora, straducola, cani (ora
alimentati da Medea) e uno stretto androne. Dietro, un palazzo che è
l’equilibrio perfetto tra l’Alhambra e il Taji Majal.
Il palazzo di Shaba.
Da perdersi. Infatti, io e Medea ci perdiamo, finché
Arianna, la figlia di Shaba, non viene a salvarci da quel dedalo di portici,
vasche di fiori di loto, fonti della gioventù. Sono anni che non vediamo Shaba,
così passiamo la serata attualizzandoci. Lei è appena uscita da una storia
pesissima con un giudice, che però avrebbe preferito essere un cantante e
ballerino professionista. Quindi, un frustrato, che quando Shaba è rimasta
incinta di Arianna lui, semplicemente, con una sentenza storica
sull’affidamento della prole ad una delle due madri di una coppia lesbica
separata, ha mostrato che sarebbe stato un padre piuttosto complicato, pronto a
risolvere le cose sul filo di lama.
Vabbe’, ci piange un po’ su, ma Medea prepara un
narghilè ben carico e ci ritroviamo presto beate a fare battutacce sulla
propensione di “giudici cantanti ballerini” che pontificano senza mai avere
l’ombra di un dubbio, anche quando i loro atti possono essere interpretati solo
come delle emerite cazzate..
Ci addormentiamo pian piano tra i cuscini del boudoire,
tra i fumi e i profumi della mirra, che mantiene lontane le Aedis Aegypti,
zanzare con la testa di tigre e un copricapo faraonico che volano in formazione
geroglifica.
Il giorno dopo lasciamo Shaba e Arianna con la
promessa di rivederci presto. Il mio maggiolino ha le ali che brillano e rutta
soddisfatto dopo aver banchettato, la vespa di Medea mi ronza di lato, mentre
ci dirigiamo verso Sirene.
Arriviamo e, chiaro, alloggiamo all’hotel Ulysses,
il più antico della città. Ça và sans dire, il proprietario è sempre lo stesso,
continua sordo come una campana. Anzi, è peggiorato. Passiamo la giornata sulla
spiaggia, a fare le turiste, confuse tra i turisti. I troll abbondano, ma basta
saperli trattare. Mi ricordo che quando ero una giovane fata ancora senza
colore, cioè prima di diventare nera, una volta in un locale c’erano tre troll.
Una di loro aveva letto una pergamena con feticci da quattro soldi, uno dei
quali diceva “va’, dove il cuor ti porterà”, e l’altra troll, immediatamente,
rispose “ma che cuore e cuore, va’, dove la gnocca ti porterà!”, mentre
dall’alto dei suoi due metri e mezzo mi guardava con occhi tristi e libidinosi.
Lavorava al mattatoio municipale. Le troll dovrebbero farci pensare a una certa
crudeltà della vita.
Alla sera ci prepariamo per uscire. Sirene brilla
di insegne luminose, le strade sono affollate di ogni creatura possibile. Al
Nausicaa, alcune facce nuove, molte conosciute. Da un tavolo, lepida, Nereide
si alza ondeggiante e si dirige verso di noi, chiamandoci con voce acuta.
Sediamo al tavolo con lei e le altre: Fat-A-Maranta, la nostra amica rapper (secondo
me, la sua più bella interpretazione è stata “Il volo del calabrone” urlata
dall’ape appena domata).
Poi ci sono Grazia e Graziella, due delle tre
Grazie. La terza ha sempre sofferto di crisi d’identità per il nome che le
hanno imposto. Da quando ha cominciato a capire come funziona il mondo, si è
resa conto di non essere mai stata voluta. Per cui, già in giovane età, ha
scelto di fare la mercenaria nelle guerre africane alla ricerca dell’oblio.
Grazia e Graziella, però, sono graziosissime, specialmente quando si scatenano
in pista a ballare. Oddio, io e Medea abbiamo un po’ la sensazione che la terza
sorella avesse un effetto positivo su una certa sdolcinatezza delle due, con la
sua ironia tagliente. Al locale ci sono anche un bel po’ di troll e qualche
altra figura interessante, Medea si sporge per prendere un succo di ginepro
fermentato, mentre io mi guardo intorno, in attesa che entri la voce di
Melusina ad intrecciarsi con il rock divino della lira elettrica scatenata di
Nausicaa. So già che io e Medea ci porteremo via il Cd di queste due, da
ascoltare per mesi in attesa di un fare un altro viaggio…